In principio erano gli influencer, i personaggi con milioni di follower sui social network capaci di orientare con i propri contenuti i consumi del pubblico verso prodotti e marchi specifici. Poi la crisi dei social network storici, Facebook in testa, ha determinato l’ascesa di micro e nano-influencer, figure dal pubblico ristretto, ma più verticale e fidelizzato, disposto a dare ascolto a figure percepite più vicine che a personaggi assimilabili a Vip o a star vere e proprie. “D’altronde – per dirla con Richard Godwin del Guardian – è più probabile prenotare una vacanza su suggerimento di un amico che di qualche celebrità”.
“L’era dei microinfluencer” spiega Andrea Sabbatini di Extraconomy,“sta cambiando profondamente gli scenari e le dinamiche del mercato digitale, spingendo sempre più piattaforme e marchi a puntare su queste figure per alimentare il giro economico di prodotti e servizi di qualsiasi settore, dalla moda all’enogastronomia passando per gli Nft. Possiamo parlare della nascita di veri e propri sales agent Web3, figure che sono l’evoluzione recente del modello classico di influencer, ma più democratiche e vicine alla propria community”.
Che cosa sta succedendo, in pratica? Spiega Sabbatini: “Facendo leva su un fenomeno non nuovo, ma a cui l’ascesa dei microinfluencer sta dando nuova linfa, le piattaforme social come per esempio X, il nuovo Twitter di ElonMusk, spingono perché ogni utente diventi autorevole attraverso il riconoscimento della spunta blu a pagamento. Una volta che quella patente di autorevolezza è arrivata, il profilo è in grado di generare contenuti di grande visibilità che aiuteranno il titolare del profilo stesso a guadagnare dalle segnalazioni di prodotti e servizi e dai suoi stessi contenuti creativi”
Il primo filone del nuovo mercato digitale è quello alimentato dagli stessi social network. X di ElonMusk, per esempio, non si limita a vendere le spunte blu, contribuendo con la certificazione a rendere più autorevole un profilo, ma si spinge da un po’ di tempo fino a remunerare i creator. Certo, non è un mercato per tutti: per essere pagati da Musk per il traffico “qualificato” generato sulla piattaforma occorre essere abbonati a X Premium, il servizio a pagamento di X, avere un minimo di 500 abbonati e 15 milioni di visualizzazioni di tutti i tweet degli ultimi tre mesi. Inoltre, queste visualizzazioni devono provenire da account abbonati a X Premium. Sempre su X, come su TikTok, esiste anche un vero e proprio sistema di mance: Tips on X è un altro modo per guadagnare denaro sulla piattaforma di social media, simile agli omaggi diretti per TikTok. Questa opzione di monetizzazione consente di ricevere regali in denaro da utenti che apprezzano i contenuti di un profilo e desiderano supportarti. Mentre alcuni creatori si collegano a Venmo e ad altri servizi di pagamento di terze parti nei loro tweet, X Tips semplifica il processo. Ancora, da registrare il fenomeno degli abbonamenti: i follower di un profilo su X possono iscriversi all’account di un creator per accedere a tweet aggiuntivi ed eventi riservati alla community dei sottoscrittori.
Un altro fenomeno in forte ascesa è quello del’affiliate marketing, anche questo basato sulla fiducia che il pubblico ripone su profili e personaggi capaci di orientarne i consumi. L’affiliate marketing è quel processo per cui se si consiglia un prodotto o un servizio sul proprio sito web o su qualsiasi altra piattaforma, e il visitatore finisce per acquistarlo, si riceve una commissione pagata dall’azienda che ha venduto quel prodotto o servizio. Già nel 2022, il marketing di affiliazione valeva oltre 8 miliardi di dollari. Solitamente viene fornito all’affiliato un link unico e condivisibile da utilizzare sul proprio sito, blog, canale YouTube o profilo social media. Attraverso questo link, il programma di affiliate marketing monitora le prestazioni e le vendite generate dall’affiliato, calcolando così i relativi pagamenti.
Tra le nuove forme del mercato digitale, ce ne è una pronta a partire alla fine del 2023, pensata per salvaguardare i creator di Nft, finora estranei alle royalty sulle proprie creazioni quando queste sono rivendute una seconda, una terza volta o una quarta volta. Un accordo tra YugaLabs e Magic Eden consente infatti ai creator di continuare a ricevere pagamenti di royalty per il loro lavoro. La royalty, come avviene in altri ambiti, è una percentuale del prezzo di vendita che il creator di un Nft riceve ogni volta che questo è venduto o trasferito a un nuovo proprietario. In pratica, la nuova piattaforma consente ai creator di continuare a guadagnare dalle proprie risorse digitali mentre cambiano di mano nel mercato secondario, fornendo una fonte continua di reddito e incentivando artisti e creatori di contenuti a partecipare allo spazio Nft.
Il quarto fenomeno, recentissimo, è quello della nascita di community in cui la disintermediazione tra il pubblico, i brand e le piattaforme è totale. Creature come UcollectMe, per esempio, permettono di radunare la propria community senza passare dalle classiche piattaforme o dai social che finiscono per detenere i flussi di dati e, soprattutto, per imporre, anche indirettamente, i modelli di business. Le community come quelle generate in seno a UcollectMe sono infatti del tutto gestibili dai fondatori e non prevedono costi o forme di riconoscimento.
Al centro di tutti questi fenomeni che stanno cambiando profondamente il mercato on line, c’è la fiducia crescente nei microinfluencer. Come registra Forbes, l’82 per cento dei consumatori è più orientato a comprare su suggerimento di un nano che di un top, moltiplicando di sei volte l’engagement delle campagne. Un’altra indagine, a cura della startup di influencer marketing Flu, attesta che quasi due utenti su tre sono propensi a comprare prodotti e servizi dopo averli visti da un nano-influencer. E gran parte di questi clienti acquista nel tempo, lontano da logiche di impulso. Spiega ancora Sabbadini: “Il vantaggio dei microinfluencer, come mettono in luce gli esperti, è di risultare più vicini agli utenti e quindi per questa ragione maggiormente credibili. Questi testimonial hanno un’audience e una reach limitate, ma possono esercitare una micro-influenza grazie alla maggiore affinità con le loro reti sociali, come fa notare per esempio Matteo Pogliani, fondatore dell’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing” conclude Sabbatini”.