La comunicazione corporate assume un ruolo sempre più centrale, supportando le scelte strategiche delle organizzazioni e identificandosi quale strumento d’ordine nella complessità. È quanto emerge dalla seconda edizione dell’indagine “Leader della comunicazione” realizzata da EY, in collaborazione con SWG, che ha interrogato oltre 50 responsabili della comunicazione di alcune delle più importanti aziende del Paese, con l’obiettivo di comprendere come brand, reputazione e comunicazione aziendale continuino ad evolvere e quali siano le sfide per il futuro.
Dall’indagine emerge come la comunicazione riveste un ruolo sempre più strategico nel promuovere il dibattito e nel proporre soluzioni legate a tematiche centrali quali sostenibilità, diversità e inclusione, tecnologia e formazione. Inoltre, per il 91% dei rispondenti è percepita come una fonte di informazione credibile.
“In un contesto complesso come quello attuale, le aziende diventano i soggetti più vicini ai cittadini, in grado di orientarne scelte culturali e di consumo. Da qui la rinnovata importanza attribuita al ruolo della comunicazione, ritenuto adeguatamente riconosciuto dal 61% dei responsabili intervistati. Grande attenzione è riservata alla comunicazione esterna per l’88% degli intervistati, che ritengono il posizionamento dell’organizzazione il driver principale del racconto aziendale, senza tuttavia perdere di vista la comunicazione interna per garantire coerenza tra la dimensione interna ed esterna”, ha commentato Alessandro Vanoni, Italy Brand and Communications Director and Europe West Brand Strategy Leader.
A livello di contenuto, i temi corporate tornano al centro della scena insieme ai temi ESG e a quelli legati alle persone, che superano di slancio l’offerta commerciale.
Oggi la comunicazione si trova a lavorare in modo integrato con HR, CEO e Leadership e sostenibilità. Non sempre invece la connessione è fluida con il business e le vendite.
L’indagine rileva inoltre la presenza di una certa cautela in relazione ai budget e alle nuove assunzioni, in un contesto di fragilità economica internazionale e di implementazione tecnologica dell’IA. Soltanto per il 26% degli intervistati, infatti, l’aumento dell’attenzione verso la comunicazione in azienda si è tradotto in un aumento del budget riservato alla funzione; per il 52% del campione è rimasto invariato e per il restante 22% è addirittura diminuito. Risorse che vengono indirizzate in modo omogeneo a tutto il ventaglio di canali della comunicazione, a dimostrazione dell’integrazione sempre più presente tra dimensione interna, esterna, digitale e tradizionale.
Un discorso simile vale anche per le nuove assunzioni, dove il campione è diviso quasi a metà: il 43% dei responsabili non prevede di assumere nuove risorse, mentre il restante 56% lo farà dando priorità alla comunicazione esterna, alle nuove tecnologie, alla comunicazione interna e social.
Per quanto attiene all’IA non c’è ancora un’implementazione strutturale sebbene l’87% dei responsabili comunicazione ritenga che l’impiego dell’IA renderà la funzione di comunicazione più strategica in azienda. Entrando nel merito, vedono il maggiore contributo dell’AI soprattutto in attività tecniche come targeting per campagne e monitoraggio risultati, mentre mantengono saldamente in mano l’elaborazione dei piani strategici. Questa fiducia si scontra però con l’implementazione: solo 1 su 10 la usa in modo strutturato, 1 su 7 la usa in modalità esplorativa, 1 su 2 ci sta pensando. Tutto questo accelera ulteriormente il flusso di trasformazioni che hanno investito i comunicatori negli ultimi anni: il 93% dei responsabili ritiene che, rispetto a quando ha iniziato a lavorare nel settore, sia cambiato il set di competenze necessarie per svolgere adeguatamente il proprio lavoro, in particolare per gestire i canali e le piattaforme proprietarie per creare engagement, la velocità nella propagazione dei contenuti, la creazione di formati a disposizione. Mentre la gestione dei media, la gestione della reputazione e lo stakeholder management rimangono parte di un set più classico di risorse del mestiere di comunicatori.
Tra le soft skill del comunicatore ideale: flessibilità, problem solving e pensiero critico; tra le hard skill: analisi dei dati, project management e pianificazione e budgeting. In breve, la cultura data driven ha preso il sopravvento con l’analisi dei dati che diventa centrale, ma con una grande fiducia nel comunicatore: saper leggere, interpretare e trasformare i dati rimane un lavoro di persone, seppur supportate dall’AI.
Il futuro della comunicazione, diventata vitale durante il covid e strategica nell’era della complessità, si gioca su trasformazione e autenticità. Proprio l’autenticità, chiave per il 59% dei responsabili, oggi non si dimostra soltanto con un solido storytelling ma passa da concretezza e capacità di execution di progetti legati all’impatto ambientale e alla centralità delle persone. Quanto alla trasformazione, tra slanci di entusiasmo e qualche tratto difensivo, i comunicatori sembrano ottimisti sul potenziale che il nuovo motore tecnologico, abilitato dall’intelligenza artificiale, possa avere per aprire nuovi orizzonti per la comunicazione, ha aggiunto ancora Alessandro Vanoni.